IL NUOVO CANTO DEGLI DEI

SECONDA PARTE

Questa nuova interpretazione dei dodici Dèi mi fu suggerita nel 1996 dal dottor Guenther Schirm, collezionista tedesco di scultura greca e romana

di Gilbert Kruft, Bologna 09.09.2002

Al contrario della “prima parte” che continuerà nell’Epilogo, il tema degli Dèi, come il successivo, non derivarono da una necessità di personale: me li hanno proposto altri. Ma, poiché entrambi hanno un grande significato umano, esercitavano una forte attrazione su di me.

Questa nuova interpretazione dei dodici Dèi mi fu suggerita nel 1996 dal dottor Guenther Schirm, collezionista tedesco di scultura greca e romana. Il suggerimento era implicito nella sua scettica domanda, se uno scultore d’oggi fosse ancora capace di esprimere l’indole e la potenzialità degli Dèi greci senza l’appoggio del copiare l’antico, in una forma moderna. Una domanda con un effetto così elettrizzante per me, che valeva la pena di provare a rappresentare almeno una divinità. Ci siamo accordati su Apollo.

<<Molte sono le forme delle divine potenze e molte cose compiono gli Dèi inaspettatamente>> Euripide, Alcesti.

È vero che non posseggo più il greco e il latino che mi hanno insegnato nel mio storico ginnasio, posseggo però ancora la mitologia antica e la storia culturale, che facevano parte dell’insegnamento della storia dell’arte. Nonostante ciò ho cominciato un rinnovato studio del mondo divino greco col sostegno del professor Francesco Franchi, docente di lettere classiche a Bologna.

“Un greco rinato deve poter riconoscere nella nuova rappresentazione i suoi Dèi.”

A lui devo l’essenziale pretesa: “Un greco rinato deve poter riconoscere nella nuova rappresentazione i suoi Dèi.”Ho cominciato con l’abituale e sperimentato sistema dell’analisi di Apollo, delle sue qualità e potenze, interpretate e valutate nei racconti mitologici. Ho cercato di scoprire l’indole di queste divinità e di formata dal punto di vista del XX secolo, riconoscibile per un uomo antico, e visibile per quello di oggi.

Nasceva, dalla logica interna di queste operazioni, un concetto del surreale.

Quale linguaggio poteva essere più adeguato al divino?

Quale linguaggio poteva essere più adeguato al divino?

Apollo, un Dio guerriero, un tiratore d’arco infallibile, le cui frecce portavano la peste mortale, e al contempo Dio della musica, maestro della lira, signore dell’Oracolo di Delfi e Dio del sole, che vede tutto; però anche umano nella sua instancabile concupiscenza, seducente con il suo slanciato e armonioso corpo, incoronato da lunghi riccioli dai neri riflessi bluastri.

Sembrava impossibile poter raffigurare i molteplici e contrastanti attributi, da cui l’uomo antico riconosceva Apollo, in una sola scultura. Però l’arte si è sviluppata nelle sue possibilità espressive dall’antichità classica, anche se i canoni sono rimasti gli stessi.

Dovevo liberarmi dal mondo antico dell’immagine

Dovevo liberarmi dal mondo antico dell’immagine, perché con una modernizzazione qualunque, questo impegno non era realizzabile. Dovevo approfondire questo mitico e mistico mondo divino; dovevo riscoprirlo per riviverlo emozionalmente per quanto fosse possibile.

E qui ringrazio il promotore di questo tema, il dottor Guenther Schirm. Egli, sorpreso dalla prima opera, ed entusiasta, voleva subito dopo l’Apollo vedere gli altri undici Dèi olimpici che riposavano ancora nell’oblio del passato.

Mi misi allora in cammino, accompagnato dal professor Francesco Franchi

Mi misi allora in cammino, accompagnato dal professor Francesco Franchi, come un tempo Dante da Virgilio, nella dimenticata eredità della nostra vecchia Europa.

Questi due anni di ricerca e lavoro furono per me un tempo divino, che ho vissuto profondamente. Vivevo come in un sogno, tenevo un dialogo con gli Dèi, sentivo la loro presenza durante il lavoro come se guardassero da sopra le mie spalle, soprattutto quando modellavo Efesto, Dio degli scultori. Dicono che abbia la mia fisionomia.

Devo ammettere che ero, in questo tempo, molto felice. Le idee le intuizioni mi cadevano come frutti maturi. Vivevo in un equilibrio magnifico. Era forse la gratitudine degli Dèi?

Mantenere l’equilibrio formale nella loro differenziazione

L’unica difficoltà era di mantenere l’equilibrio formale nella loro differenziazione, per creare una grande scultura spaziale, che si compone di dodici elementi singoli.

Sentivo una certa tristezza quando essi mi lasciavano partendo verso il Nord, per l’antica Germania. Era ancora così coinvolto nel loro mondo, che dovevo scioglierne lentamente i legami.

E così ho raffigurato Orfeo

E così ho raffigurato Orfeo, il cantore divino, o meglio ciò che Ermete trovò di lui dopo la sua morte violenta, per salvarlo Nell’Olimpo.  Un pezzo del braccio con la mano, che suonava ancora la lira, e la sua testa, che cantava ancora. Questa opera diventò la conclusione tematicamente sensata.

Una potenza divina alla quale nessuno aveva mai costruito un tempio: Eros

Però non riuscivo ad abbandonare questo mondo. Lì c’era ancora una divinità, più vecchia degli Dèi olimpici, e più vicina all’uomo. Una potenza divina alla quale nessuno aveva mai costruito un tempio, che però spinge e crea fino ai nostri giorni e ha fatto sopravvivere l’umanità agli Dèi, il divino Eros. Lui dovevo raffigurare, perché mi riportava di nuovo in questo mondo e alla tematica seguente:

Le 7 lettere dell’Erotica.