DAL CAOS ALLA SINTESI: LA BOLOGNA DI GILBERT KRUFT
di Matelda Buscaroli
Con-fine, trimestrale di arte & cultura, giugno 2007, anno 2 numero 6, p.18
Gilbert Kruft arrivò a Bologna negli anni Settanta
Quando Gilbert Kruft (1939), scultore di origine tedesca, arrivò a Bologna dalla Svizzera erano gli anni Settanta. Gli anni cosiddetti “di piombo”, segnati da violenti scontri fra polizia e gruppi estremisti, che culminarono, nella città felsinea, con l’omicidio, l’11 marzo 1977, del ventiseienne studente universitario Pier Francesco Lorusso, militante di Lotta Continua. Questa uccisione produsse un’escalation di violenza: vennero erette barricate, molti locali pubblici subirono danni ingenti, la città venne posta in stato d’assedio dalle forze di polizia che si servirono anche di mezzi blindati e carri armati per presidiare i punti strategici del centro storico. Gilbert Kruft assistette, probabilmente, ad uno degli affollatissimi cortei che si snodavano per le vie cittadine e ne ricavò la scultura intitolata, appunto, Piazza Maggiore. Dalle diverse emozioni e sensazioni avute in quei giorni ha creato un’opera sintetica che ricorda le urla di protesta ed i pugni alzati in segno di lotta dei manifestanti. Alle spalle aveva già anni di studio come scultore, di insegnamento come storico dell’arte e lunghi mesi di riflessione interiore. Era, infatti, reduce da un soggiorno nella regione francese di Causse de Sauveterre, un luogo ameno e silenzioso, che lo aveva spronato ad iniziare un percorso artistico ardito e inusuale: la recherche humaine.
Gilbert Kruft intraprende un cammino concentrato sull’uomo
Fin dal suo arrivo a Bologna, infatti, Gilbert Kruft intraprende un cammino concentrato sull’uomo, inteso come oggetto e soggetto di studio, come ricerca di se stesso attraverso se stesso. Le sue sculture rappresentano il risultato di un progressivo processo di sintesi che dal caos iniziale dell’evento (compresenza di infinti stimoli personali, emotivi e circostanziali), produce un lucido e chiaro “concetto”, che costituisce la visualizzazione concreta del processo mentale dell’artista. Ne La rabbia, ad esempio, Gilbert Kruft ha mostrato in modo inequivocabile la sintesi di quest’incontenibile espressione d’aggressività sia nella sua manifestazione fisica (la potenza della mano che aggredisce e comprime) che emotiva (la tensione del vetro che, sul punto di rompersi, esce dal cranio).
In questo percorso la città di Bologna, luogo in cui Gilbert Kruft risiede ormai da più di trent’anni, ha avuto sicuramente il ruolo chiave di fonte di ispirazione e stimolo culturale. I suoi contatti, fra gli altri, con il locale Studio Filosofico Domenicano, l’hanno portato a concentrarsi maggiormente sull’essenza dell’uomo e sul suo bisogno di spiritualità.
Incontro con il pensiero di Martin Heidegger e l’origine dell’opera d’arte
Proprio in questo contesto, infatti, ha approfondito il suo incontro con il pensiero di Martin Heidegger e l’origine dell’opera d’arte. Per il filosofo tedesco, come per Kruft, l’esistente più che come superficie riconoscibile e familiare deve essere esplorato nella sua profondità, nella sua interna indipendenza, nel suo “stare in sé stesso”. L’opera che ne scaturisce visualizza quella realtà altrimenti nascosta che, pur essendo frutto della specifica Weltanschauung dell’artista, costituisce l’essenza della coscienza di ogni essere vivente, la base dell’identità dell’individuo e delle sue esigenze speculative.
Spetta all’Arte rendere visibile lo spirituale invisibile
L’uomo moderno, sostiene infatti Gilbert Kruft, è oggi più che mai sconosciuto a sé stesso; spetta, quindi, all’Arte, proprio attraverso il suo ‘incarnarsi’ in un’opera, rendere visibile lo spirituale invisibile. Le sculture dell’artista sono, non a caso, costituite da elementi concreti (inizialmente corpi e volti, ultimamente solo braccia, mani e gambe), in grado di accompagnare progressivamente l’occhio dell’osservatore dal piano reale e fenomenico a quello mentale e spirituale. L’abilità tecnica e l’armonia compositiva insita nelle opere di Gilbert Kruft, inoltre, agevolano il processo di “presa di coscienza di sé” in quanto ammaliano lo sguardo dello spettatore più disattento e lo invitano a ripiegarsi su se stesso.
I grandi temi dell’esistenza e della condizione umana
Gilbert Kruft è passato oggi ad una meditazione razionalmente più acuta e spiritualmente più elevata sull’uomo, in grado di analizzare i grandi temi dell’esistenza e della condizione umana. Temi che di diritto lo inseriscono in un contesto internazionale più ampio di riflessione sul ruolo stesso dell’Arte e del fare Arte nel XXI secolo. Ma di questo ci si occuperà in un’altra occasione.